
Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience, è il primo a riportare le immagini di un cervello intento a sopprimere alcuni ricordi che potrebbero distrarlo. Quanto più efficacemente i partecipanti all'esperimento riuscivano a escludere alcune parole irrilevanti durante un test di memorizzazione di parole, tanto più rilevante era la diminuzione di attività nelle aree cerebrali coinvolte nel ricordo. In termini di energia richiesta, insomma, ricordare in maniera accurata potrebbe diventare più facile dimenticando.
Il processo col quale si esclude un ricordo che potrebbe distogliere la nostra attenzione, secondo gli esperti è simile a quello con cui ignoriamo una vecchia conoscenza (che forse ci distrae), e la volta successiva che la incontriamo ci riesce molto più difficile riprendere i contatti con lei. Da alcuni studi condotti di recente emerge che il cervello si comporta con i ricordi nello stesso modo: in un certo senso ne snobba alcuni per trattenerne meglio altri. Avere una memoria fulminea, quindi, non dipende tanto dall'avere una particolare attitudine, bensì dal saper sfrondare i ricordi in modo spietato. Lo studio ha catturato le tracce di questo processo mentre è in corso.
I ricercatori autori dello studio, neuroscienziati dell'università di Stanford, hanno utilizzato un test di memoria concepito per misurare quanto bene alcuni soggetti riuscivano a ricordare alcune parole apprese, che erano state inserite in mezzo a molte altre parole simili. Per l'esperimento hanno scelto venti giovani uomini e donne, quasi tutti studenti di Stanford, e hanno mostrato loro in rapida successione un elenco di 240 abbinamenti di parole. Hanno poi misurato quanto bene ciascun soggetto fosse riuscito a dimenticare gli abbinamenti di parole che potevano distrarlo. E tutto ciò è stato effettuato mentre i partecipanti si sottoponevano a risonanza magnetica al cervello.
"Dalla risonanza magnetica abbiamo riscontrato che la portata della diminuzione dell'attività cerebrale era correlata alla quantità di ricordi in concorrenza tra loro che venivano messi in disparte" ha detto Brice Khul, studente di psicologia a Stanford e autore dello studio insieme a Anthony Wagner, Nicole Dudukovic e Itamar Kahn. In particolare, i ricercatori hanno scoperto che quanto più un partecipante allo studio aveva cancellato dalla memoria gli abbinamenti di parole concepiti per distrarre, tanto più rilevante era il calo di attività in una regione cerebrale denominata corteccia cingolata anteriore. Insomma, la gente dimentica così spesso le nuove password per la presenza tra i ricordi personali delle vecchie password o di quelle ancora in uso. Quanto più il cervello riesce a dimenticare i dati che distraggono, tanto più potrà memorizzare quelle nuove.

Concludendo, la ricerca suggerisce che i ricordi sono più spesso lasciati fuori più che persi per sempre. La scoperta dovrebbe altresì ridurre parte dell'ansia che si prova allorché si va incontro a un "black-out da terza età": alcuni nomi, numeri e dettagli sono difficili da ricordare non perché la memoria sta perdendo colpi, ma perché funziona a dovere.
Fonte: http://www.repubblica.it
Anche il nostro cervello sfrutta il meccanismo di priorità! È un ottimo metodo per risparmiare ed ottimizzare le risorse. I nostri ricordi non sono importanti tutti nello stesso modo, ma è il nostro cervello a decidere cosa è più o meno importante. Questo studio ci suggerisce anche che la capacità apprenditiva del nostro cervello non è infinita ma è assolutamente limitata! Per questo ha bisogno di cancellare ricordi per crearne altri. I black-out della terza età ne sono proprio un perfetto esempio. Le cellule cerebrali degli anziani non sono efficenti come quelle di un giovane, non sono in grado di cancellare i ricordi inutili, e di conseguenza fanno molta fatica a ricordarsi le nuove informazioni. Stessa cosa vale per lo studio, capito studenti? Se sovraccaricate il vostro cervello, vi ricorderete ben poco di tutto quello che avete studiato, dovete lasciare il tempo alle vostre cellule cerebrali di "fissare" le informazioni, e, se ne hanno necessità, di selezionare ed eliminare i ricordi meno importanti. Le similitudini del nostro cervello e di un computer si fanno sempre più numerose, man mano che gli studi proseguono!