La deflagrazione di un corpo celeste di circa 80 metri ad una altezza di 5-10 chilometri. Il piccolo lago Cheko può essere stato causato dall'impatto di un 'frammento' di 5 metri.
Il lago Cheko nella regione siberiana di Tunguska
Per anni si è fantasticato attorno alle cause dell'esplosione: si è parlato di Ufo, antimateria, buchi neri o altri fenomeni mai dimostrati. Ora i nostri scienziati sono certi di avere in mano le prove che a Tunguska si è verificato il maggiore impatto storicamente accertato tra il nostro Pianeta e un corpo celeste.
La vicenda. Alle 7,14 del 30 giugno 1908 una devastante esplosione nelle vicinanze del fiume Podkamennaja Tunguska, abbattè 60 milioni di alberi in un'area di 2150 chilometri quadrati. Il rumore dell'esplosione fu udito a 1000 chilometri di distanza. Alcuni testimoni che si trovavano a 500 chilometri dal punto di impatto, riferirono di aver visto sollevarsi una nube di fumo all'orizzonte. Alcuni convogli della Ferrovia Transiberiana, a 600 chilometri dal punto di impatto rischiarono quasi di deragliare. Ma a Tunguska non è rimasta nessuna traccia di un cratere di impatto o di altri elementi chiaramenti riconducibile ad un corpo di origine extraterrestre. Almeno fino ad oggi.
Asteroide o cometa. Sulla rivista scientifica 'Terra Nova', è stato pubblicato il lavoro di un gruppo di ricercatori italiani dell'Ismar-Cnr e delle Università di Bologna e Trieste - Luca Gasperini, Francesca Alvisi, Gianni Biasini, Enrico Bonatti, Giuseppe Longo, Michele Pipan e Romano Serra - che hanno condotto sul luogo una spedizione scientifica. Dagli studi risulta che il lago Cheko, un piccolo specchio d'acqua, circa 500 metri di diametro, situato ad una decina di chilometri dall'epicentro dell'esplosione del 1908, può essere il cratere causato dall'impatto di un 'frammento' di circa cinque metri, sopravvissuto all'esplosione principale, che si è schiantato a 'bassa velocità', ovvero a circa un chilometro al secondo.
"L'esplosione si sarebbe verificata nell'atmosfera, 5-10 chilometri al di sopra della regione di Tunguska - spiega Luca Gasperini dell'Ismar-Cnr di Bologna -. Si è trattato della deflagrazione di un asteroide o di una cometa, (la prima ipotesi sostenuta in particolare da scienziati americani, mentre la seconda è sostenuta da ricercatori russi, ndr), di circa 50-80 metri di diametro. La zona di devastazione se centrata su Bologna - sottolinea il ricercatore - raggiungerebbe Ferrara a nord, Forlì a ovest e Modena a est".
La ricerca. "Abbiamo effettuato uno studio geofisico e sedimentologico del lago per verificare se la sua formazione potesse essere correlata all'evento, e per rilevare nella sequenza sedimentaria del lago evidenze geofisiche e geochimiche dalle quali trarre informazioni sulla natura dell'oggetto cosmico", ha spiegato Luca Gasperini dell'Ismar-Cnr. "Varie spedizioni di studiosi avevano già esplorato la zona dell'esplosione senza trovare segni d'impatto o frammenti, e formulando ipotesi, anche molto diverse fra loro, per far luce su quello che è ormai considerato a tutti gli effetti un 'mistero'. Il nostro studio sul campo è stato effettuato principalmente utilizzando rilievi di acustica subacquea, con un obiettivo dunque più ambizioso di quello della prima spedizione italiana, avvenuta nel 1991, anch'essa organizzata dal professor Giuseppe Longo dell'Università di Bologna, e limitata alla ricerca di microparticelle dell'oggetto cosmico nella resina degli alberi".
Un lago diverso. Durante la spedizione 'Tunguska99' è stata quindi per la prima volta investigata con tecniche molto sofisticate la morfologia del fondo e la natura dei depositi del sottofondo lacustre, e raccolti campioni di sedimento. "Grazie a tali indagini - ha aggiunto il ricercatore - è stato possibile scoprire che la morfologia del lago è diversa da quella dei comuni laghi siberiani di origine termo-carsica: la natura dei sedimenti recuperati dal fondo sono invece compatibili con l'ipotesi dell'impatto, che sarebbe avvenuto in una foresta acquitrinosa con uno strato sottostante di permafrost (suolo permanentemente ghiacciato) spesso oltre 30 metri".
E' stato proprio lo scioglimento del permafrost avvenuto subito dopo l'impatto a modellare la forma e le dimensioni attuali del lago, e a nasconderne la vera natura di cratere da impatto per tutto questo tempo. Questa scoperta, se confermata, contribuirà, cento anni dopo a svelare il mistero di Tunguska, dando forti contributi, e nuove paure, sulla comprensione degli effetti dell'impatto di un asteroide o una cometa con la Terra. Ipotesi tutt'altro che remota e non infrequente nella storia del nostro pianeta.
Fonte: http://www.repubblica.it
Questa cosa non mi torna... C'è un enorme lago circolare e nessuno ha mai pensato che potesse essere un cratere di un meteorite? Mah... Mi puzza...